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Le piattaforme digitali sono diventate l’interfaccia per trovare la maggior parte dei servizi che cerchiamo nella nostra quotidianità: le usiamo per prenotare i viaggi, per ordinare una cena a domicilio, per vedere un film, per comunicare con gli amici, per trovare partner… La stessa cosa sta succedendo nei servizi di cura? Ci rivolgiamo a un’app anche per trovare badanti, baby sitter, psicoterapeuti o medici?

È da questa domanda che è nato il progetto di ricerca WePlat – Welfare Systems in the Age of Platforms, Realizzato da Università Cattolica del Sacro Cuore, Università di Padova, Collaboriamo e Consorzio CGM e finanziato da Fondazione Cariplo, WePlat è stato avviato nel 2021 e si concluderà a dicembre 2023.

Di seguito ripercorriamo brevemente il percorso fatto finora: la definizione dei criteri per realizzare una mappatura, i risultati ottenuti applicandoli, una prima classificazione basata sui criteri di accesso. Si tratta di un primo contributo sul lavoro fatto nell’ambito di WePlat, a cui ne seguiranno altri nelle prossime settimane.

Criteri per la mappatura

Nella prima fase della ricerca, ci siamo posti l’obiettivo di mappare le piattaforme che intermediano servizi nell’ambito dell’educazione e cura dell’infanzia, dell’assistenza sociosanitaria e della salute mentale e fisica in Italia.

L’esercizio si è scontrato immediatamente con la difficoltà nel definire i criteri di inclusione nella mappatura. L’Unione Europea, attraverso la “Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa al miglioramento della condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali” COM (2021) 762, all’art. 2 definisce la piattaforma di lavoro digitale come “qualsiasi persona fisica o giuridica che fornisce un servizio commerciale che soddisfa tutti i requisiti seguenti:

  • è fornito, almeno in parte, a distanza con mezzi elettronici quali un sito web o un’applicazione mobile;
  • è fornito su richiesta di un destinatario del servizio;
  • comporta, quale componente necessaria ed essenziale, l’organizzazione del lavoro svolto dalle persone fisiche, indipendentemente dal fatto che tale lavoro sia svolto online o in un determinato luogo”.

Questa definizione è intenzionalmente ampia, per favorire la copertura dei lavoratori che operano attraverso piattaforme con caratteristiche diverse.

Anche per la nostra ricerca, si è ritenuto utile adottare criteri non troppo stringenti, per procedere solo in una seconda fase all’individuazione dei fattori distintivi. Oltre ai criteri della Direttiva, per la mappatura di WePlat abbiamo individuato un ulteriore requisito: la presenza di più organizzazioni o professionisti tra cui il destinatario possa scegliere il fornitore del servizio.

Questo ha portato all’esclusione dei numerosi siti internet attraverso cui il cliente può manifestare il proprio bisogno a una singola organizzazione, che provvederà a individuare il professionista più adatto. Nel settore salute, abbiamo escluso anche i centri medici che permettono al paziente di scegliere dottori e dottoresse tra i propri dipendenti e collaboratori. Questo processo di digitalizzazione è interessante ma presenta specificità che richiedono un approfondimento dedicato.

I risultati della mappatura di WePlat

La mappatura di WePlat ha portato all’individuazione di 127 piattaforme: 55 nel settore salute, 8 nell’educazione e cura dell’infanzia, 6 nell’assistenza sociosanitaria e 58 trasversali ad almeno due di questi ambiti. Complessivamente, il 75% offre servizi nell’ambito della salute, il 51% nell’educazione e cura dell’infanzia e 50% nell’assistenza sociosanitaria.

Una peculiarità delle piattaforme nei servizi di cura – almeno per il momento – è l’assenza di grandi player internazionali: le piattaforme multinazionali con casa madre all’estero sono solo 11. Tra le 116 piattaforme italiane, 80 hanno sede al nord, di cui 36 a Milano. Le piattaforme che erogano il proprio servizio su tutto il territorio nazionale sono 94, 12 delle quali sono attive anche all’estero. Un altro dato rilevante riguarda la scarsa presenza di piattaforme a governance cooperativa: sono solo 11, nonostante l’alta presenza di cooperative tra i fornitori di servizi.

La metà delle piattaforme (64) eroga servizi solo in presenza; 36 sia online che offline e 27 esclusivamente online. Le piattaforme che erogano servizi solo online operano nel settore della salute e hanno registrato una forte crescita negli ultimi anni, in particolare nei servizi di consulenza psicologica.

A differenza di altri settori, poche piattaforme permettono al cliente di selezionare direttamente il professionista, la maggior parte (73) si fa carico del matching.

La classificazione in base ai criteri di accesso

Una prima aggregazione permette di ricondurre le piattaforme mappate da WePlat a tre gruppi, sulla base dei criteri di accesso (figura 1):

  1. Piattaforme di welfare aziendale, che erogano servizi di welfare ad accesso indiretto, sia dal lato dei beneficiari – i dipendenti delle aziende aderenti – che dal lato dei fornitori, i quali vengono selezionati dalla piattaforma.
  2. Piattaforme di welfare territoriale, in cui l’accesso è indiretto per i fornitori dei servizi, che sono contattati dalle organizzazioni che promuovono la piattaforma e spesso sono accreditati dall’ente pubblico. Dal lato dei beneficiari, i servizi erogati dalla piattaforma sono accessibili in modo indiretto dai cittadini in carico ai servizi sociali e in modo diretto – e a pagamento – per tutti gli altri.
  3. Piattaforme di welfare digitale, che erogano servizi ad accesso diretto sia dal lato dei clienti che dal lato dei fornitori di servizi, che possono candidarsi direttamente tramite la piattaforma.
Classificazione delle piattaforme di welfare secondo WePlat
Figura. 1 Classificazione delle piattaforme di welfare

Le piattaforme di welfare aziendale che permettono ai dipendenti delle imprese convenzionate prenotare servizi di cura a partire da un’offerta pubblicata in piattaforma sono 26: circa un quinto del totale dei provider di welfare aziendale monitorati nel Report 2022 di Altis.

Le piattaforme di welfare territoriale sono promosse da realtà del Terzo Settore e da amministrazioni pubbliche e si caratterizzano per un forte radicamento territoriale. Ne abbiamo individuate 28, di cui 16 promosse da CGMoving srl.

Le piattaforme di welfare digitale nascono come startup orientate a favorire l’incontro tra domanda e offerta di servizi. Sono le più numerose: ne abbiamo mappate 73. Si distinguono dagli altri due tipi perché mettono in piattaforma direttamente i professionisti: rendono visibile il loro profilo (61 piattaforme su 73, mentre sono solo 4 nel welfare territoriale e 2 in quello aziendale) e lasciano loro ampia autonomia, a partire dalla definizione del prezzo (42 su 73). Fa eccezione un gruppo di 29 piattaforme, 25 delle quali sono attive nel settore salute, che pur intermediando il lavoro di professionisti altamente qualificati adottano uno stile gerarchico, con accentramento delle decisioni. Le piattaforme di welfare digitale sono anche le uniche, insieme a  due piattaforme di welfare territoriale, dove si rileva l’adozione di meccanismi reputazionali: sono presenti in 39 casi.

Approfondiamo il tema?

Questa prima ricognizione realizzata da WePlat restituisce l’eterogeneità interna delle piattaforme nei servizi di cura e gli elementi che le distinguono dagli altri settori. Nelle prossime settimane, con una serie di articoli che usciranno sul sito di Secondo Welfare, analizzeremo queste specificità, anche attraverso l’analisi di studi di caso. Prenderemo in esame l’interazione tra la “logica di piattaforma” e le altre logiche istituzionali, l’interazione tra i fruitori dei servizi e le infrastrutture tecnologiche, l’accessibilità ai servizi digitali, le differenze territoriali e le modalità di co-progettazione nel design dei servizi in piattaforma.

 

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